Il vento fino a 200 orari impedisce la salita alla Margherita

Commemorazione cinquantenario 100 Donne sul Monte Rosa: Grazie Marisa!

Era stato tutto organizzato con cura, la sistemazione al Rifugio, la squadra di valenti guide, le bandierine che dovevano svolazzare sul mitico balcone . . .  e anche il testo della Montanara che, come fecero le “100 Donne”,   avremmo ri-cantato lassù.

Tutta la notte ha soffiato un vento fortissimo e noi, tutte le volte che si acquietava un po’ a sperare che finisse . . .

Gli stati d’animo e le situazioni psichiche che si vivono in rifugio ad alta quota nell’attesa che accada ciò che già ci appartiene mentalmente, ciò che si è lungamente agognato, preparato, studiato, pre-vissuto sono qualcosa di primordiale: le paure più assurde, i malanni psico-somatici, la tensione densissima, gli sguardi assenti, l’ansia palpabile, la voglia di scappare, la percezione ovattata della “distanza” dal mondo ordinario, la sensazione di essere su un altro piano dell’esistenza, un piano inclinato verso l’alto, un piano senza un perché e per questo di una fascinazione sublime. . .

Una dimensione fortemente irreale totalmente antitetica alla materiale concretezza degli elementi con cui si impatterà durante la salita.

Tutto questo sogno o questo incubo si è dissolto nel cieco e buio furore del vento.

4,30 in refettorio per la colazione, breve consulto tra le guide e il responso:  impensabile salire con questo vento, avevano chiamato la Margherita e saputo che lassù tirava con punte di 200 orari (al nostro rifugio “solo” 100/120 orari).

Le funivie sono incerte proprio per il vento, come scendere?

6B, il sentiero che dal Rifugio Mantova scende al Gabiet, più lungo ma più sicuro di quello del viscido Stolemberg per il passo dei Salati.

Sbucati dal riparo del rifugio becchiamo “schiaffi” da 100 all’ora che si acuivano per l’effetto vela dello zaino, qualcuno cade ( per fortuna senza danni)  la nostra guida Filippo a indicarci il percorso più conveniente e meno rischioso.

Metro dopo metro, raffica dopo raffica (lì si capisce perché raffica si usa anche per il mitra) guadagniamo pendii meno esposti e più sicuri, compaiono i primi cuscinetti di sassigrafe, e poi l’erba, un branco di stambecchi, vediamo il turchese del lago Gabiet quasi venirci incontro.

Verso mezzogiorno siamo alla base, non ci resta che passare da Marisa, una delle “100 donne” anzi forse la prima visto che il suo pettorale è proprio il numero 1!

Marisa ha una baita nei pressi della funivia e il giorno prima, salutando la nostra partenza, ci aveva chiesto di passare da Lei al ritorno: l’amarezza del sogno spezzato si trasforma in uno splendido abbraccio tra generazioni diverse unite da identico amore per la montagna.

Marisa ci mostra i cimeli, il Suo pettorale numero 1 incorniciato, le foto, i ritagli di giornali ingialliti da mezzo secolo, i particolari storici e tanto altro ancora.

In Lei commozione e gioia nel ritornare così insperatamente a una Sua impresa che è Grande Storia dell’Alpinismo,  e noi, piccoli post moderni tecnologici sconfitti, a rispecchiarci e immedesimarci  in Lei fino ad essere, fuori dal tempo e dallo spazio, insieme con lei alla Capanna Margherita il 26 luglio 1960.

Grazie Marisa.

X Margherita 2010 asd

Italo Vannelli

Alcuni video della commemorazione

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Gnaro ricercatore

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In salita al Mantova

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Ammazzatempo al rifugio

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I soliti discorsi da rifugio

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Bella tavolata!

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Alba a 100 km/h!

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Elio… tira vento!

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In discesa col vento alle spalle

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Marisa alla sua baita

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Marisa e i ricordi

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Marisa e i ricordi, in baita